Diabete, solo questione di zucchero? 

Nella società odierna, ormai si sa, le così dette “malattie del benessere” stanno prendendo il sopravvento, anche tra le popolazioni meno abbienti. Questo sembra accadere perché i rovinosi cibi spazzatura (junk food) oramai costano meno di quelli sani e biologici, fatto assolutamente inimmaginabile per i nostri nonni e bisnonni, magari contadini, per i quali era normale e d’obbligo possedere un orto per la propria sussistenza, allevare pochi animali senza l’ausilio di macchinari, mangimi industriali, farmaci, gabbie o di enormi capannoni adibiti a stalle affollatissime…

Con l’avanzare di questo “benessere”, della disponibilità di cibo industriale, sono ovviamente subentrati tutti quei disturbi correlati allo stile di vita, ma anche (da non sottovalutare) allo stress e alle emozioni negative che questo stile di vita così frenetico, comporta. Tra queste malattie vi è sicuramente il diabete, sempre più diffuso, ma che potrebbe essere evitato o attenuato semplicemente modificando le nostre abitudini (tanto dure a morire!). Andiamo a vedere meglio di cosa si tratta e come ci si deve comportare.

 Diabete mellito

Il diabete mellito è una malattia cronica caratterizzata da un’elevata concentrazione di glucosio nel sangue, dovuta ad un’alterata quantità o funzione dell’ormone insulina. L’insulina è prodotta dal pancreas e permette l’utilizzo del glucosio come fonte energetica da parte delle cellule. Quando la regolazione dell’insulina è alterata, il glucosio di accumula nel sangue con conseguenze gravi in buona parte dovute al tentativo estremo del nostro organismo di ridurre i livelli di zucchero rimuovendoli dal sangue e appiccicandoli letteralmente alle cellule dell’occhio, dei reni, dei vasi sanguigni e del connettivo, provocando tutte quelle malattie degenerative, compreso l’invecchiamento della pelle tipiche della malattia diabetica.

Esistono diverse forme di diabete: diabete di tipo I, diabete di tipo II e diabete gestazionale.

Il diabete di tipo I, detto anche “diabete giovanile”, è il meno frequente, si manifesta in genere entro i 30 anni ed è autoimmune, ovvero è caratterizzato dalla presenza di anticorpi che distruggono le cellule pancreatiche le quali non produrranno più insulina e questa dovrà essere iniettata per tutta la vita.

Il diabete di tipo II è il più frequente e fino a qualche decennio era considerato tipico dell’età adulta (dopo i 30-40 anni), ma ora purtroppo è molto diffuso anche tra i bambini in sovrappeso o obesi; ha un decorso lento per cui spesso viene diagnosticato solo quando compaiono sintomi classici come ad esempio sete e frequente necessità di urinare soprattutto durante la notte. In questo caso il pancreas ha cellule funzionanti, che producono insulina, ma questa non viene utilizzata dalle cellule bersaglio (tessuto muscolare, adiposo e fegato). Le cellule bersaglio non riescono a far entrare lo zucchero perché hanno la membrana esterna rovinata da un’alimentazione ricca di grassi “cattivi”, di cereali raffinati e povera di fibre, vitamine, minerali e altri antiossidanti derivanti dal consumo pluriquotidiano di cereali integrali, legumi frutta e verdura di stagione.

Il diabete di tipo II sembra avere una componente ereditaria, ma diversi fattori concorrono ad aumentarne il rischio, cioè fanno in modo che i geni della malattia vengano attivati o meno, e sono: sovrappeso/obesità, mancanza di esercizio fisico, dieta e appartenenza ad alcune etnie.

Si definisce diabete gestazionale quella forma di diabete che compare solo durante la gravidanza, ma una donna che ha avuto questo tipo di disturbo deve fare molta attenzione e tenersi controllata.

I sintomi sono vari e dipendono dal tipo di diabete: in quello di tipo I i sono acuti e comprendono sete, urinazione frequente, perdita di peso inspiegabile, pelle secca e infezioni ricorrenti. Nel diabete di tipo II i sintomi sono più vaghi per cui succede spesso che ci si accorga della malattia solo dopo analisi del sangue (glicemia >200mg/dl).

Tra le complicazioni che comporta questa malattia, in tutte e tre le forme citate, troviamo: perdita della funzione visiva, perdita della funzionalità del rene (fino ad arrivare ad insufficienza renale), aumento del rischio di malattie cardiovascolari, neuropatie (es. dolore e perdita di sensibilità degli arti, disfunzioni di stomaco, cuore e occhi, impotenza), ulcerazioni ai piedi, talvolta con necessaria amputazione. Durante la gravidanza il rischio ricade principalmente sul feto, da malformazioni a elevato peso alla nascita fino ad aumentato rischio di morte perinatale.

Per prevenire, dove è possibile curare il diabete o almeno aiutare il controllo della glicemia riducendo al minimo l’intervento farmacologico, è di fondamentale importanza adottare da subito uno stile di vita sano, facendo un’attività fisica, leggera all’inizio, eliminando il fumo e controllando l’alimentazione soprattutto per quanto riguarda l’indice glicemico dei pasti.

Indice glicemico

L’indice glicemico è una misura della velocità con cui un alimento durante la digestione rilascia glucosio, lo zucchero che le nostre cellule utilizzano per la produzione di energia, nell’intestino e di conseguenza nel sangue. Un innalzamento di glucosio rapido nel sangue comporta un rilascio proporzionale di insulina che trasporterà il glucosio nelle cellule del muscolo, se si svolge un’attività fisica intensa dopo il pasto, altrimenti lo immagazzinerà nel fegato e nel tessuto adiposo. I picchi glicemici e di conseguenza i picchi insulinici portano ad aumento dei trigliceridi nel sangue, squilibrio del rapporto tra colesterolo buono (HDL) e cattivo (LDL), squilibrio di estrogeni (predisposizione a tumori ormono-sensibili), aumento della proliferazione cellulare (psoriasi, masse tumorali, endometriosi, ecc.), deposito di grasso anche a livello viscerale e steatosi epatica (fegato grasso). Inoltre, a meno che il glucosio non venga utilizzato nell’immediato per un’intensa attività fisica, si presenteranno momenti di iperattività fisica ed intellettuale con conseguente nervosismo e stanchezza (si sente il così detto “calo di zuccheri”, per cui si andrà in cerca proprio di quegli alimenti che l’hanno causato, come dolci, crackers o pane, nella speranza che ci diano una “scossa”).

La risposta del glucosio e dell’insulina non dipende solo dal tipo di carboidrati (se a basso o alto indice glicemico), ma anche dalla loro quantità, per questo è necessario avvalersi di un altro parametro, il carico glicemico, che è uguale all’indice glicemico moltiplicato per i grammi di carboidrati contenuti in un alimento. Ad esempio, la carota cotta ha un alto indice glicemico, cioè i suoi zuccheri vengono assorbiti velocemente dal nostro organismo, ma bisogna tener conto del fatto che questi zuccheri sono presenti in minime quantità, per cui alla fine la carota risulterà avere un basso carico glicemico e non influirà negativamente sulla glicemia.

I picchi glicemici possono essere ridotti anche avvalendosi degli abbinamenti tra alimenti ad alto indice glicemico (ad es. riso o patate) con alimenti a basso indice glicemico (legumi e verdure crude che sono però più efficaci se consumate prima del pasto).

Essendo il diabete dovuto ad uno squilibrio del metabolismo del glucosio, risente di questi picchi glicemici e in diversi studi si è visto che una dieta con alimenti/pasti ad alto indice glicemico aumentano il rischio di sviluppare questa malattia e di peggiorarne le condizioni qualora sia già presente. Il meccanismo, probabilmente, coinvolge un aumento della resistenza dell’insulina (ovvero quest’ormone viene meno alla sua funzione) oppure uno sfinimento del pancreas che dovrà lavorare molto per secernere molta insulina. Questi effetti sono ancora più evidenti in soggetti in sovrappeso/obesi o che hanno già una storia di disturbi cardiovascolari.

Alimenti e glicemia

I cibi che innalzano i livelli di glucosio nel sangue comprendono carboidrati raffinati come la pasta e il riso bianchi, prodotti da forno come crackers, grissini, dolci, pizze e focacce, pane, patate, gallette di riso o mais e tutto ciò che contiene zucchero (compresi caffè e cappuccini zuccherati, bibite e succhi di frutta). I prodotti caseari (latte e derivati), pur non contenendo una quota rilevante di carboidrati, innalzano i livelli di insulina causando anche riassorbimento dell’osso (cioè predispongono all’osteoporosi).

Recentemente è stata trovata una correlazione positiva anche tra consumo di carni rosse e/o conservate (es. insaccati, wurstel, ecc.) e aumento del rischio di diabete di tipo II, oltre che di sindrome metabolica (un insieme di disturbi metabolici che porta ad un elevato rischio cardiovascolare) e diversi tipi di tumore.

Alimenti che invece fanno prevenzione comprendono: frutta  (sconsigliate banane, cachi, fichi e uva per i diabetici), verdura, cereali integrali e meno trattati possibile (es. miglio, grano saraceno, orzo, farro, quinoa), legumi come fagioli, ceci, lenticchie, piselli ecc. e i semi oleosi (mandorle, noci, nocciole, anacardi, semi di lino, semi di zucca e di girasole, ecc.).

Non è necessario eliminare il pane, basterà scegliere quello lievitato naturalmente, con la pasta madre, perché questo tipo di lievitazione riduce l’indice glicemico del pane, possibilmente integrale (di farro, kamut o segale) che aiuta nella prevenzione di diverse malattie.

Non è poi solo questione di quali cibi scegliere, ma anche di come bilanciarli nei diversi pasti. Ad esempio si è visto come una colazione ad alto indice glicemico influisca anche sulla risposta insulinica del pranzo successivo. In un altro studio riguardante la correlazione tra colazione e sviluppo della materia cerebrale, si è visto che i bambini che iniziavano la giornata con una colazione a più basso indice glicemico miglioravano la loro funzione cognitiva. Un’altra strategia è quella di consumare delle verdure crude come antipasto (in questo modo si riduce anche l’apporto calorico) e di bilanciare sempre i pasti assumendo assieme ai carboidrati anche proteine (considerando tra queste anche quelle vegetali, spesso dimenticate!) e grassi buoni come quelli contenuti nei semi oleosi. 

Diabete e prevenzione

Recenti studi hanno dimostrato come un’alimentazione a base di carboidrati a basso carico glicemico, comprendente cereali integrali e fibre, riduca i sintomi del diabete e soprattutto ne prevenga l’insorgenza. Di prevenzione, ormai, si sente parlare tutti i giorni, ma capiamo meglio come possiamo farla in modo concreto nella quotidianità: l’attività fisica dovrà sicuramente farsi spazio nella nostra giornata, non come “ansia” o come “qualcosa da fare”, ma piuttosto come momento per ascoltare il nostro corpo, per liberare emozioni negative e stress, un momento per prenderci cura di noi stessi facendo qualcosa che ci diverte (o che inizierà a divertirci dopo un po’ di allenamento e le fatiche iniziali!). Per quanto riguarda la dieta, si può iniziare la giornata con un’abbondante colazione a base di pane integrale, burro o crema di mandorle e marmellata, oppure con del latte vegetale o yogurt con del buon muesli di qualità (senza zucchero) o meglio ancora con la famosa crema Budwig (così ci si prende avanti con la dose quotidiana di frutta!). Possiamo proseguire nella giornata consumando le verdure crude prima dei pasti, i quali saranno a base di proteine sane (uova biologiche, pesce, poca carne bianca, tofu e tempeh, legumi e semi), cereali integrali ed eventuali verdure cotte. Sarà meglio, invece, evitare i dannosissimi insaccati, i dolci e le bevande zuccherate, troppi caffè o il “leggero” piatto di riso o pasta in bianco che, come abbiamo visto, tanto sano non è!

Sindrome dell’ovaio policistico

La sindrome dell’ ovaio policistico, una condizione molto eterogenea che presenta disturbi come irregolarità mestruale, iperandrogenismo (eccesso di ormoni maschili) e obesità. È una delle maggiori cause dell’infertilità femminile e, purtroppo, è sempre più diffusa. È stata trovata una correlazione positiva tra la sindrome dell’ovaio policistico e l’insulino-resistenza (sembra che l’insulina provochi un aumento dei livelli di ormoni androgeni), tanto che la dieta  a basso indice glicemico viene prescritta come vera e propria terapia.

 Ricettine golose

I dolci, si sa, sono assolutamente banditi nella dieta del diabetico. Ma è proprio così?

Ebbene, esistono diversi dolci in cui non è assolutamente necessario aggiungere lo zucchero. Come ad esempio questo strudel fatto in casa:

 

STRUDEL LEGGERO

Ingredienti per l’impasto:

500 gr farina integrale, 1/5 bicchiere olio extra vergine d’ oliva, succo di mela concentrato qb, 1cucchiaino raso di sale marino, acqua fredda qb.

Ingredienti per il ripieno: mele, semi oleosi (mandorle, nocciole, noci, pinoli), uvetta, cannella.

Procedimento

Impastare tutti gli ingredienti affinché  l’impasto diventa morbido, non colloso (1-2 minuti).

Lasciare riposare nel frigo per 30 minuti. Nel frattempo si possono cuocere le mele con l’uvetta e la cannella o se preferite le potete mettere direttamente crude sull’impasto assieme ai semi interi o tritati.

Stendere la pasta a forma di rettangolo, posizionare il ripieno al centro, sul lato lungo, e avvolgere i lati dell’impasto per formare lo strudel (si può sigillare utilizzando come “colla” il succo di mela concentrato). Spennellare la superficie sempre con il succo di mela. Infornare per 1 ora a 150°C.

 BISCOTTI DI FARRO CON GOCCE DI CIOCCOLATO (da www.cucinadellanima.it)

 Per i più scettici o per chi vuole prendersi uno sfizio occasionalmente, si possono preparare anche dei biscotti un po’ più golosi, utilizzando dei dolcificanti alternativi allo zucchero, come ad esempio lo sciroppo d’agave che, essendo composto principalmente di fruttosio, non innalza la glicemia allo stesso modo dello zucchero bianco. Ricordo però che il fruttosio (non quello consumato all’interno della frutta) non è così innocuo! Esso infatti, se consumato quotidianamente, ha degli “effetti collaterali” simili a quelli dell’alcol come ad esempio rialzo dei trigliceridi e dell’acido urico, steatosi epatica (fegato grasso), ipertensione e obesità. Il succo d’agave, a differenza del fruttosio puro, contiene anche minerali che ne attenuano sicuramente gli effetti negativi, ma sempre meglio non eccedere nel consumo.

Ingredienti: 180 g di farina di farro tipo 2, 80 g di fecola di patate, 3 cucchiai di sciroppo d’agave, 40 ml di olio di semi di girasole, 40 ml di latte d’avena, 2 cucchiaini rasi di lievito per dolci (cremor tartaro), 50 g di cioccolato fondente almeno al 70%, 1 pizzico di sale.

Procedimento: mescolate assieme l’olio, il latte vegetale, il pizzico di sale e lo sciroppo d’agave. Setacciate la farina, la fecola ed il lievito e aggiungetela gradualmente agli ingredienti liquidi. Nel frattempo, con un lungo coltello, riducete a scagliette il cioccolato, quindi aggiungetelo al composto e impastate fino ad ottenere un impasto omogeneo. Avvolgetelo in un canovaccio e lasciatelo riposare per circa 30 min in frigorifero. Dividete la pasta in 4 parti. Con ciascuna formate un salame di circa 4 cm di diametro, quindi tagliate a fette spesse circa 1 cm. Disponetele su una teglia coperta con carta da forno e cuocete per 12-15 min a 180°.

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  Dott. Michela Trevisan

Biologa, specialista in scienza dell’alimentazione, Consulente metodo Kousmine

e-mail michela.trevisan@gmail.com

blog:  www.nutrizionistiperlambiente.org

mob. 347 87 82 721

Libri pubblicati per le edizioni Terra Nuova:

Il manuale dei cibi fermentati (2009), Liberi da intolleranze ed allergie (2010), Svezzamento secondo natura (2010),  Mangia sano e spendi poco (2011), Se non mangia le verdure (2014).