Tutti abbiamo sentito parlare almeno una volta di pesticidi, o, più in generale di sostanze chimiche utilizzate per produrre il nostro cibo, qualcuno avrà sentito parlare anche di interferenti endocrini (1) e di come queste siano dannose per la nostra salute, ma poi purtroppo nella quotidianità tendiamo a sottovalutarle. I cibi biologici passano in secondo piano, perché costosi o difficili da reperire, con il risultato che passiamo al supermercato sotto casa, magari pensando “vabbè, per una volta ogni tanto, cosa vuoi che succeda?” o ancora, finiamo con il mangiare spesso fuori casa senza preoccuparci troppo di quello che ci propinano il ristorante o il bar di turno, senza cercare veramente una soluzione alternativa perché sottovalutiamo sempre l’impatto della qualità degli alimenti sulla nostra salute. Forse non abbiamo ancora la piena consapevolezza di cosa ci accade non solo mangiando cibi contaminati, ma anche scegliendo prodotti industriali di diverso tipo (dai cosmetici agli utensili da cucina per esempio) e adottando certi comportamenti nella vita quotidiana che ci espongono maggiormente alle sostanze tossiche come fumare, cucinare alla griglia o camminare ai bordi di strade o di coltivazioni intensive. Spesso, poi, non viene considerato dal consumatore l’effetto che queste sostanze hanno sulla salute della terra, degli animali e delle acque e che, di conseguenza, si ripercuote sulla nostra.

Ma vediamo meglio di cosa si tratta…

Cosa sono

A livello mondiale, la FAO definisce come pesticida “qualsiasi sostanza, singola o miscelata con altre, destinata a distruggere o controllare qualsiasi organismo nocivo, a impedirne o prevenirne i danni, inclusi i vettori di malattie umane e animali, le specie indesiderate di piante o animali che causano danni o comunque interferiscono durante la produzione, la lavorazione, la conservazione, il trasporto e la commercializzazione di cibo, di derrate alimentari, di legname e suoi derivati, di alimenti zootecnici, nonché le sostanze che possono essere destinate agli animali per il controllo di insetti, acari o altri organismi nocivi somministrate o applicate ad essi. Sono incluse le sostanze che agiscono come regolatori di crescita delle piante, defoglianti, disseccanti, diradanti o anticascola dei frutti, nonché quelle applicate alle coltivazioni prima o dopo il raccolto per proteggerlo dal deterioramento durante la conservazione e il trasporto. In questa categoria potrebbero rientrare anche i pesticidi naturali (o biopesticidi) che però non hanno la valenza negativa dei pesticidi classici.

Tra i più “famosi” e pericolosi troviamo quelli a base di: mancozeb e folpet (fungicidi),  glifosate e glufonisate ammonio (erbicidi) e clorpirifos (insetticida). il glifosato, ad esempio, è stato classificato dalla IARC (International Agency for Research on Cancer) come “probabile cancerogeno per l’uomo”, mentre il glufosinato ammonio agisce come interferente endocrino, causando problemi di fertilità e danni al feto (2) . Il clorpirifos, invece, sembra danneggiare le capacità mentali e motorie dei bambini in modo progressivo.

 

Pesticidi e salute dell’uomo

Gli effetti sulla salute sono vasti e diversi e dipendono dalla modalità di esposizione, dalla dose, dal sesso e dall’età della persona esposta, dal suo metabolismo e così via.

Si ha tossicità acuta, ad esempio, in agricoltori che utilizzano i prodotti sui propri raccolti senza indossare protezioni: spesso i contadini mettono la maschera per irrorare il pesticida, ma quando successivamente vanno a lavorare i campi non indossano nulla e subiscono una contaminazione massiccia che si può poi verificare analizzando le urine (possono avere una concentrazione di pesticida fino a 4 volte maggiore!).

Per il consumatore, invece, che viene esposto a queste sostanze poco per volta, subentrano effetti cronici, sul lungo termine, a livello del sistema nervoso, fegato, sangue, cute oppure sul sistema riproduttivo (es. alterazione del numero di spermatozoi e loro motilità). Ci possono essere effetti teratogeni (modificazione dello sviluppo dell’embrione), mutageni (danneggiamento del DNA e trasmissione del danno alle generazioni future), cancerogeni (la sostanza provoca il cancro di per sé oppure è precursore di sostanze cancerogene o ancora il pesticida può essere contaminato da sostanze cancerogene che si formano durante la sua produzione).

Molti pesticidi fungono anche da Interferenti endocrini, cioè vanno a mimare l’effetto degli ormoni umani alternandone l’equilibrio e disturbando lo sviluppo del sistema riproduttivo (es. infertilità, endometriosi, aborti frequenti). Gli IE (Interferenti Endocrini) sembrano associati anche ad alterazioni della funzione della tiroide, a disturbi comportamentali dell’infanzia e forse a diabete e vari tipi di tumore. Alcuni esempi di interferenti endocrini sono: DDT, ftalati, parabeni, diossine, ritardanti di fiamma, PCB e bisfenolo A, oltre ai sopracitati glufosinate ammonio e clorpirifos. Vi consiglio di scaricarvi il libricino informativo dai link in fondo a questo articolo.

 

Chi ci difende?

L’utilizzo di molti pesticidi è stato vietato (es. il DDT è stato vietato nel 1972 negli USA e nel 1978 in Italia), tuttavia spesso succede che vengano emesse delle deroghe di utilizzo a causa di evidenti interessi commerciali. Inoltre, anche quelli consentiti dalla legge non possono essere considerati sicuri, anzi, quasi sempre le sostanze chimiche commercializzate poi si rivelano tossiche e vengono bandite dal mercato quando ormai il danno è fatto (vedi nuovamente l’esempio del DDT). È vero che esistono limiti di legger per quel che riguarda la quantità di residui di pesticidi presenti negli alimenti, ma questi valori soglia vengono calcolati su un uomo medio di 70 kg, adulto, con organi già sviluppati e metabolismo definito.

Ma cosa succede se a ingurgitare queste sostanze sono bambini che pesano 25-30 kg e che stanno crescendo? Il loro metabolismo è completamente diverso da quello dell’adulto: respirano 2,3 volte di più, in proporzione bevono 4,8 volte di più e mangiano 6,1 volte di più! Di conseguenza assorbono molte più sostanze chimiche e hanno maggiori difficoltà a smaltirle perché i sistemi di disintossicazione non sono ancora ben formati.

Tenuto conto di questo fatto capiamo come sia di fondamentale importanza che i bambini non introducano residui di sostanze chimiche attraverso il cibo.

Oltre a questo negli ultimi anni è diventato evidente che anche il latte materno non risulta indenne dall’inquinamento ambientale (3); i dati più significativi riguardano gli inquinanti presenti nel latte di donne che vivono nei pressi di monocolture industriali (es. vigneti industriali). Questo si verifica perché la maggior parte delle sostanze pericolose sono liposolubili (soprattutto gli IE), cioè si sciolgono bene nel grasso e lì si accumulano; per questo motivo è facile che siano presenti in maggior quantità in alimenti grassi come il latte (umano e non). Il latte materno rimane, seppur inquinato, un alimento fondamentale per lo sviluppo equilibrato del bambino, e, anche se inquinato, lo aiuterà a difendersi ed a maturare un sistema immunitario forte e combattivo.

Un discorso analogo vale per le persone in sovrappeso o obese: più grasso abbiamo e più accumuleremo molecole pericolose!

Oltretutto non possiamo pensare che consumando alimenti che contengono residui di pesticidi, anche se entro i limiti di legge, questi non influiranno sulla nostra salute; non possiamo prevedere il comportamento di tali sostanze dato che il metabolismo di ognuno di noi è diverso, abbiamo geni diversi, viviamo in ambienti diversi, veniamo esposti attraverso diverse fonti (aria, acqua, cibi) e soprattutto non possiamo prevedere come agiranno le miscele di diverse sostanze chimiche (gli studi vengono fatti analizzando un solo tipo di molecola per volta).

Recentemente è nato il concetto di alimento a “residuo zero”. Cosa significa?

Nel prodotto a residuo zero è consentito l’utilizzo di molti o tutti i pesticidi chimici autorizzati, l’unico vincolo è che l’agricoltore deve sospendere i trattamenti con sostanze chimiche un certo tempo prima della raccolta  in modo tale che non sia rintracciabile il prodotto chimico all’interno dell’alimento finale. Ciò non esclude che siano comunque presenti sostanze chimiche residue del normale metabolismo vivente, cioè tutte le sostanze chimiche complesse vengono scisse dagli organismi viventi in pezzi più piccoli, pezzi che non sono oggetto di verifica nei laboratori d’analisi. Quindi… il residuo zero non basta!

Il prodotto a residuo zero non è biologico: c’è un’enorme differenza tra un prodotto ottenuto con sostanze chimiche che però non sono rilevabili nel prodotto finale e un prodotto ottenuto interamente con metodi che rispettano le regole dell’agricoltura biologica. Queste differenze non riguardano solo la nostra salute, ma anche quella dell’ambiente e la biodiversità.

  

Pesticidi e salute dell’ambiente

Tutte i pesticidi usati nell’agricoltura o nell’industria in genere, vanno a finire nell’aria e nell’acqua e, se sono tossici per noi, a maggior ragione lo saranno per gli altri animali, per gli insetti, i batteri e le piante.

Nelle monocolture intensive, ad esempio, vengono irrorate grandi quantità di fertilizzanti per aumentare la produttività del terreno. Questo modifica profondamente i cicli degli elementi (del carbonio, dell’azoto, del fosforo, ecc.) e di conseguenza si perde l’equilibrio degli ecosistemi. L’eccesso di fertilizzanti minerali favorisce una veloce metabolizzazione della sostanza organica presente nel terreno da parte dei batteri, sostanza organica che sarà difficile ripristinare e il terreno risulterà impoverito: sarà necessario spruzzare ancora più fertilizzanti per far lavorare quel terreno e si innesca così un dannoso circolo vizioso. Il materiale organico, che nei metodi di lavorazione agricola meno intensiva rimane sul terreno, viene decomposto dai microorganismi del suolo e convertito in un complesso di composti organici (l’humus ) essenziali per i suoli perché controllano la ritenzione e il movimento dell’acqua e dell’ossigeno contenendo le strutture del suolo stesso.

Quando invece i pesticidi finiscono nelle acque, si ha non solo il rischio di contaminazione di quelle potabili, destinate al consumo umano, ma anche fenomeni come ad esempio l’eutrofizzazione, ovvero l’aumento esponenziale della crescita di microalghe dovuto in particolare ad un eccesso di nitrati e fosfati derivanti dai fertilizzanti. Queste alghe, non essendo smaltite dai consumatori primari, determinano una maggiore attività dei batteri che consumano ossigeno e la mancanza di quest’ultimo provoca alla lunga la morte dei pesci. Senza contare l’effetto diretto dei pesticidi, le cui concentrazioni elevate provocano morie di pesci, mentre dosi più basse possono distruggere gli avannotti (cuccioli di pesce) oppure insetti e invertebrati, che costituiscono cibo per i pesci stessi.

Altro fenomeno rilevante per la nostra salute e che è causato dall’immissione di pesticidi nell’ambiente è quello della bioconcentrazione, che si riscontra in particolare per gli interferenti endocrini a causa della loro alta persistenza nell’ambiente e della maggior capacità di accumulo negli organismi (soprattutto nel tessuto adiposo). Accade che le concentrazioni della sostanza nei tessuti di un organismo diventano progressivamente più alte di quelle presenti nell’ambiente da cui è stata assorbita. Questo porta anche alla biomagnificazione: se un organismo piccolo, una preda, accumula sostanze tossiche e viene poi mangiato da un predatore, quest’ultimo accumulerà non solo la sostanza proveniente dall’ambiente, ma anche quella proveniente dalla preda! In pratica più si sale con la catena alimentare e più alta sarà la concentrazione di inquinanti. Se pensiamo che, al mondo d’oggi, l’uomo è proprio al vertice della catena alimentare capiamo quanto è grande il rischio per la nostra salute. Per questo è bene evitare di consumare ad esempio pesci di grande taglia come il tonno, il pesce spada o il salmone (molto grasso), latticini di mucche  di allevamento intensivo oppure carni di grandi animali.

Tutto questo porta ad una consistente perdita di biodiversità  su tutti i livelli: mondo vegetale, animale ma anche quello dei microorganismi. Si è visto che in generale la perdita di biodiversità, ed in particolare una perdita di batteri presenti sulla nostra pelle, aumenta il rischio di allergie e malattie autoimmuni, tanto frequenti al giorno d’oggi (4).

 

Buone norme da seguire…

Non possiamo certo pensare di rimanere esenti dalla contaminazione di queste sostanze: significherebbe vivere in una campana di vetro! Possiamo, però, fare qualcosa nel nostro piccolo, qualcosa che ci aiuti a ridurre gli effetti dannosi, le esposizioni, che migliori le nostre difese così che il corpo reagisca ai veleni metabolizzandoli ed eliminandoli con più facilità.

–                 Consumare cibo proveniente da agricoltura biologica. È vero, i prodotti bio costano di più e a volte non sono a portata di mano, ma giunti alla fine di questo articolo sarete consapevoli di quanto può fare la differenza consumare alimenti che non contengano (o che contengano in minima parte) residui chimici. È vero anche che, dopo le numerose truffe a cui abbiamo assistito negli ultimi anni, non è facile fidarsi del “biologico” … ma figuriamoci del convenzionale! Se poi si conosce un produttore locale che non utilizza sostanze di sintesi, tanto meglio, potrete instaurare un rapporto di fiducia e acquistare direttamente alla fonte!

–                 Stagionalità e prodotti locali. Quando si scelgono frutta e verdura di stagione, coltivati e raccolti vicino casa, si abbassa non solo l’inquinamento dovuto al trasporto, ma anche quello dovuto ai pesticidi: infatti se la pianta cresce nel periodo a lei più congeniale, con i giusti nutrienti nel terreno, la giusta temperatura, quantità d’acqua ed esposizione solare, non sarà necessario “bombardarla” di fertilizzanti, erbicidi e quant’altro.

–                 Nutrire l’organismo. gli alimenti che aiutano le nostre difese sono: frutta e verdura, cereali integrali, legumi e semi oleosi, tutti rigorosamente bio e di stagione (in numerosi studi si è visto che i prodotti biologici hanno una maggior quantità di nutrienti tra cui vitamine, minerali, antiossidanti e, nel caso di latticini e uova, omega 3).

–                 Alimenti che aiutano l’eliminazione delle tossine. Ci possono venire incontro alimenti come le alghe (in particolare la clorella), la frutta e la verdura bio, anche la semplice acqua e limone e poi tutti quegli alimenti antiinfiammatori come le spezie (curcuma) e le erbe aromatiche (coriandolo), l’aglio, gli alimenti ricchi di omega 3 come il pesce azzurro e i semi di lino e il riso integrale. Sembra essere utile anche la zeolite, un minerale di origine vulcanica che ha la proprietà di legare i metalli pesanti.

–                 Comportamenti. ci sono dei comportamenti che possiamo adottare per ridurre l’esposizione ai pesticidi, sembrano banali ma spesso non ci facciamo caso: non arieggiare le case quando è stato spruzzato un pesticida nelle vicinanze, evitare di far giocare i bambini all’aperto nelle vicinanze di un vigneto o di una coltivazione in cui si usano sostanze chimiche, se avete un orto vicino ad una coltivazione industriale ricordatevi di lavare molto accuratamente le verdure, magari con l’aiuto del bicarbonato, evitare passeggiate o giri in bicicletta nelle zone trattate (si sente un odore sgradevole e un senso di costrizione alla gola) facendo attenzione anche alla posizione dei punti di ristoro.

 

Per concludere: ricetta disintossicante!

RISO INTEGRALE CON ALGA WAKAME E ASPARAGI ALLA CURCUMA

Ingredienti per persona:

 

–                 80 g di riso integrale

–                 5 g di alga Wakame

–                 Asparagi e cipollotto a piacere

–                 Curcuma

–                 Sale e pepe

–                 Olio extravergine di oliva

 

Procedimento:

far cuocere il riso integrale con 3 parti d’acqua fino a che non si sarà completamente asciugata (ci vorranno circa 40 min a seconda della varietà di riso). Nel frattempo affettare il cipollotto, pelare e mondare gli asparagi, mettere tutto in una padella e far appassire con poca acqua e una noce d’olio. Affettare anche le alghe e aggiungerle alle verdure. Aggiungere alle verdure il riso integrale e la curcuma, aggiustando di sale e pepe, lasciar passare in padella per qualche minuto e infine servire con un filo d’olio a crudo.

Per approfondire

1)              http://www.iss.it/binary/prvn/cont/decalogo_previeni.pdf

2)              http://www.nutrizionistiperlambiente.org/2015/05/chi-ci-salvera-dai-pesticidi/

3)              https://difesalattematerno.wordpress.com/

4)              http://www.corriere.it/salute/12_maggio_16/allergie-biodiversita-carra_fc47a5b0-99b1-11e1-85ab-3c2c8bfb44fd.shtml

 

Dott. Michela Trevisan

Biologa, specialista in scienza dell’alimentazione, Consulente metodo Kousmine

e-mail michela.trevisan@gmail.com

blog: www.nutrizionistiperlambiente.org

mob. 347 87 82 721

Libri pubblicati per le edizioni Terra Nuova:

Il manuale dei cibi fermentati (2009), Liberi da intolleranze ed allergie (2010), Svezzamento secondo natura (2010), Mangia sano e spendi poco (2011), Se non mangia le verdure (2014)

in collaborazione con  :         Dott. Alice Peltran       Biologa nutrizionista, esperta metodo Kousmine